Monte del Drago è un suggestivo vigneto rivolto a sud-ovest e posto in cima alla collina omonima che si erge al centro della Tenuta Musella. Per la sua composizione geologica, si tratta di un vero e proprio unicum. È infatti l'unica vigna con un suolo un po' diverso rispetto alle altre della proprietà: qui, su una base di roccia calcarea, si posa infatti uno strato di puro tufo che si fonde con la caratteristica argilla rossa, (l'argilla rossa è una caratteristica che si ritrova in tutto il suolo delle colline della Tenuta), rendendola un po' più fine e un po' meno grassa, ideale per l'ampliamento della complessità delle uve Corvina, alla base dell’Amarone.
Monte del Drago è un luogo molto significante, il panorama che si gode dalla sua cima ha spesso ispirato Maddalena e la sua famiglia per tutte le decisioni più importanti; non a caso dove ora c'è la casa in cui Maddalena vive coi suoi figli, un tempo sorgeva una Tebaide o antico pensatoio. Evidentemente è da sempre luogo di riflessione e quando ci si arriva non si fa fatica ad immaginarlo.
A parte i due ettari piantati sulla sommità dedicati alle uve bianche, Garganega e Pinot Bianco, il resto è piantato a uve veronesi, le uve per la produzione dell’Amarone: Corvina, Corvinone, Rondinella e Oseleta, che si alternano tra loro insieme ai colorati sovesci che in primavera rivitalizzano la collina.
A livello di disciplinare l’Amarone è fatto dal 45 al 95% di uve Corvina, e per la restante parte da uve Molinara (dal 5 al 30%) e altre uve a bacca rossa per la parte rimanente. Necessita di un invecchiamento minimo di due anni; dopo quattro anni si può invece fregiare dell’appellativo “Riserva”. La gradazione alcolica minima deve essere di 14 gradi.
La storia dell’Amarone si può far risalire agli anni Quaranta, al termine della seconda guerra mondiale. La leggenda vuole che durante gli anni della guerra molti avevano nascosto qualche bottiglia di Recioto in cantina, spesso non riuscendo ad andare a controllarla, così, dando così tempo al vino di fermentare, maturare ed invecchiare. Una pratica finora mai intrapresa; in quegli anni infatti non esisteva la tradizione d’invecchiare il vino, nemmeno il pregiato Recioto.
Fu così che il Recioto lasciato rifermentare diventava quasi secco veniva chiamato “Recioto scapà” (Recioto scappato). Quando veniva assaggiato, si sentiva che non era dolce, ma anzi amaro. “Senti che amaro è questo vin, anzi è molto amaro, è amaron, è amarone!” E così è nato il nome.
Le potenzialità dell’Amarone non vennero tuttavia apprezzate fin da subito; si può anzi dire che all’inizio si trattò di un vino piuttosto incompreso, nato da un “errore”. Ai palati del periodo infatti non piaceva per nulla, tanto è vero che il “recioto scapà” era considerato un vino rovinato e veniva allungato in piccole percentuali nel Valpolicella debole dargli maggiore struttura. Furono le cantine Bertani e Bolla a intuirne per prime le potenzialità del prodotto e, dopo averlo invecchiato fino ai 10 anni, ad imbottigliarlo in maniera consistente e ad esportarlo con successo sui mercati europei.
L’anno dell’esplosione commerciale a livello internazionale fu il 1985, quando l’Amarone raggiunse un successo mai visto prima, divenendo il vino veneto rosso di maggior fama al mondo.
L’Amarone in principio non aveva un suo disciplinare. In quello del 1968 venne spesa una riga, una sola riga per l’Amarone. C’era scritto “il Recioto della Valpolicella esiste anche nella versione asciutta e prende il nome di Amarone. Si sta parlando di meno di 20 anni fa!
In effetti l’Amarone è una storia abbastanza recente.
Inizialmente consumato a livello locale e familiare, anche se favorito dall’apprezzamento di veri intenditori in tutto il mondo, l’Amarone ha caratteristiche uniche, è ricco di alcol, di glicerina, molto strutturato e potente, ma allo stesso tempo elegante. Ne risulta un nettare rosso rubino fitto, morbido e ben strutturato, con riflessi granato o violacei, profumi di frutta matura, spezie, cioccolato e pirite.